Il Pinotauro è un mostro mitologico con il corpo di toro e la testa del mio amico Pino. Il primo avvistamento risale a un venerdì sera di qualche anno fa, in corso Garibaldi, all’ora dell’aperitivo.
Me ne stavo a casa, sdraiato sul divano, a esercitarmi con le tabelline per tenere vispo il cervello, quando ricevetti un messaggio alquanto criptico, ‘Volevo’. Qualche secondo dopo, ne arrivò un altro: ‘Scusa, sono la mamma. Volevo solo augurarti buona serata’. Ma non è questo il messaggio di cui volevo parlarvi.
Me ne stavo sempre sdraiato sul divano, quando il telefono si mise a suonare una musica trap, che è come il rap ma con una t davanti. Era il Dudu. Non risposi, perché il Dudu ti asciuga e le asciugate non sono come le tabelline del sette che rendono il mio cervello più vispo.
Mi arrivò subito un messaggio: “Vieni”. “Dove?”, risposi. “Qui. Adesso”, scrisse. “Perché?” “Il Pino. Non lo vedo in forma”. Mi vestii, scesi le scale e appena aprii il portone, rimasi con la bocca spalancata: il Pino era lì, davanti, con un bicchiere in mano, solo che il suo corpo non era più quello di prima, ma quello di un toro.
“Pino!’
“Ué”
“Pino!”
“Eh!”
“Pino!”
Mi domandai a che gioco stesse giocando. Non era la settimana della moda, e i suoi piedi pelosi e zoccolati mi sembravano fuori luogo.
“Pino, ti senti bene?”
“Mai sentito meglio”
“Le hai viste le tue gambe?”
“E allora?”
“Eh, e allora! Tutto questo pelo? E gli zoccoli?”
“Cosa vuoi che ti dica, oggi mi sono svegliato così”
Il Pino era una testa dura. Guardai il Dudu. Il Dudu prese una sigaretta e la mangiò. Lo faceva sempre, quando era nervoso. Decisi che era il momento di mostrare le mie doti da leader, come avevo letto in quel libro ‘Leadership spiegata a un’escherichia coli’.
“Pino, devi farti vedere. Già non è normale essere Pino, ma metà Pino e metà toro. Dai, su”.
Intanto, attirati dallo spettacolo inusuale, un certo numero di curiosi aveva incominciato ad accalcarsi intorno al Pino. Nessuno aveva mai visto dal vivo un Pinotauro.
“Pino, andiamo, ci penso io. Conosco un bravo veterinario, vedrai che ti sistema per bene”. Lo cinsi intorno alla vita e mi creai una via di fuga imitando il suono di una mitragliatrice. Quando fummo solo noi due, il Pino si fermò.
“Non voglio farmi visitare”
“Come?”
“No. Sono serio. La mia natura di toro è finalmente venuta fuori. E poi gli zoccoli mi slanciano”
“Come vuoi, Pino. Cosa pensi di dire alla Francesca?”
Ma a quel punto il Pino fece uno scatto e scappò via, agitando le sue chiappe pelose fino a quando non scomparvero all’orizzonte.
Non ho più rivisto il Pino ma a volte, quando sono sul letto a fare le tabelline, sento dei muggiti in lontananza. Credo sia felice.