Le calze spaiate

Il creativo Stefano B, Carlo per gli esattori delle tasse, aveva deciso di farla finita. L’ultima sua invenzione, un organo da suonare con il naso, era stata bollata dagli esperti di settore come lo strumento più inutile del mondo insieme alla pancia utilizzata come gran cassa.

Era da tempo che non gliene andava bene una. Tre anni prima aveva scritto un musical con protagonisti due kiwi troppo maturi per essere mangiati che riflettevano sul senso della vita. Il critico di Bonghi e cilum aveva elogiato Il canto del kiwi, ma il musical era stato stroncato dalla maggior parte di coloro che erano capaci di contare almeno fino a dieci.

Non era andata meglio all’unico romanzo che aveva pubblicato, L’ernia del fisco. Il libro raccontava le vicessitudini di una grande famiglia borghese italiana alle prese con la dichiarazioni dei redditi e il suo declino a causa di un commercialista afflitto da dolori alla schiena e ignaro della differenza tra netto e lordo.

Così, una mattina, si era infilato in bocca tre Buondì Motta e aveva aspettato l’atroce fine. Tre ore dopo, con la guance ancora gonfie, era stato svegliato dalla domestica che stava passando l’aspirapolvere.

Non gli rimaneva che la soluzione più drastica: avrebbe detto a sua moglie che la trovava ingrassata. Quelle parole avrebbero fatto scattare la sentenza capitale.

Seduto nella posizione del loto, pensò che questo mondo non gli sarebbe poi mancato così tanto, a parte le tagliatelle al ragù e Piccolo è bello, la sua serie preferita ambientata in un formicaio alla moda frequentato da formiche affette da gravi turbe psichiche.

Quando sua moglie rientrò a casa, Stefano le venne incontro, lucido come non mai, pronto a mettere in atto il suo piano. Ma nel momento stesso in cui stava aprendo bocca per far fuoriuscire quelle due parole foriere di sventura, un’idea si impossessò del suo cervello. Doveva fare in fretta.

Fece un’inversione a u, si diresse correndo verso l’ufficio, chiuse la porta e iniziò a battere furiosamente sui tasti del computer. Alle tre del mattino, prima che gli addetti del pronto soccorso chiamati dalla moglie sfondassere la porta, Stefano B uscì trionfante, reggendo in mano un foglio pieno di parole. “Ci sono arrivato!”, urlò. “Ho finalmente capito perché le calze escono spaiati dalla lavatrice. Ascoltatemi. Ma dove ho messo gli occhiali?”.

Non fece in tempo a trovarli: la porta del bagno saltò via e comparve in tutta la sua maestosità la lavatrice con centrifuga a 1800 giri, che aprì il portellone, si gettò sul creativo e lo inghiottì tutto di un pezzo. Salutò e se ne tornò in bagno. Da allora nessuno seppe più niente di Stefano B.

Le calze spaiate continuano a rimanere uno dei grandi misteri irrisolti.