Via D’aqui

“Mi scusi, via D’aqui?”
L’uomo si guarda intorno, circospetto. “Qui è via D’aqui. Ma…”, sussurra, “ma ora meglio che se ne vada”
“Eh no! Non ancora. Me ne sono dovuto appena andare da via D’Alì”
“Ma non si preoccupi di quello. Piuttosto, se ne vada”
“Non se ne parla. Ho un appuntamento importante. Un appuntamento di lavoro”
“Shh, non urli. La potrebbero sentire”
“Chi potrebbe sentirmi?”
“Loro. Loro potrebbero sentirla”
“Ma loro chi?”
“Shh, abbassi la voce. Senta, ho risposto, sono stato gentile, ma adesso, la prego, non faccia il finto tonto. Se c’è una cosa che mal digerisco sono i finti tonti”
“Ah, guardi, se per quello nemmeno io li digerisco, i finti tonni. Mi rimangono qui”, indicandosi lo stomaco. “Ma non sono un finto tonno”
“E allora peccato”
“Peccato per cosa?”
“Shh. Così finirà per farsi sentire”
“Da loro?”
“Sì”
“Mi assumerò il rischio”
“Assuma quello che le pare”
“Certo. Assumo anche lei se vuole. Duemila euro al mese, tre ta giorni di vacanza e buoni pasto inclusi”
“Affare fatto”
Si stringono la mano. “Ora però, sa com’è, sarebbe meglio che se andasse via”
“Via dove?”
“Via D’aqui”