Ambarabà ciccì coccò – Ignoto

Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano timore
alla figlia del dottore
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò

Il repertorio di canzoni e filastrocche per bambini è sterminato. Da noi puffi siamo così, e puffiamo su per giù, alle canzoni degli Slipknot, il cui suono, che si avvicina al rumore bianco, è capace di mandare in letargo milioni di infanti. Per sempre.

Non sono mai stato un amante di questi tre accordi per adulti musicalmente sottosviluppati. Quando ero piccolo, eravamo così poveri che non potevamo permetterci né una radio, né un giradischi.

Mio padre, grande appassionato di musica, era in grado di fischiettare tutta la produzione sinfonica e operistica che andava da fine Settecento agli anni Trenta del Novecento. Un vero talento. Io sono cresciuto così e questa educazione mi è servita non solo per sviluppare un orecchio sopraffino e un intelletto fuori dal comune, che metto a disposizione della comunità, ma anche a eseguire cose fuori dall’ordinario, come fischiettare la Lulu di Berg facendo una capriola all’indietro.

Non voglio però tediarvi con divagazioni che poco c’entrano con il tema di oggi, anche perché l’amministratore di Costruzioni con l’ego ha minacciato di tagliarmi lo stipendio del 5 per cento se continuo a infilare digressioni giusto per allungare la conta delle parole. E siamo già a 219.

Non sappiamo quando, anche se gli storici lo incasellano in un periodo che va dalla fine delle guerre puniche al fenomeno commerciale della lambada –  A recordação vai estar com ele aonde for / A recordação vai estar pra sempre aonde for, ragazzi, che movimento di bacino. E non sappiamo neanche il perché, ma una mia teoria ce l’ho.

Questo non ha impedito all’ignoto e, fatemelo scrivere, geniale autore di esordire un giorno con ambarabà ciccì coccò. A lungo filologi di un certo spessore hanno discusso sull’origine e sul suo significato. Due le correnti principali.

La prima considera l’inizio della filastrocca un classico esempio di esistenzialismo che mette in luce l’insensatezza e l’assurdità della vita umana.

La seconda ritiene i professori che hanno aderito alla prima corrente degli emeriti coglioni e ha fondato una scuola per combattere l’analfabetismo funzionale e l’alopecia causata da stress intellettuale. I

o credo che l’unica cosa ragionevole sia saltare questa parte e concentrarci sulle civette. Perché le civette sul comò fanno timore alla figlia del dottore?

Dovete sapere che, per anni, forse secoli, si è creduto che le civette facessero l’amore con la figlia del dottore. Questa cosa è stata definitivamente confutata nel 2021, durante un lungo periodo forzato a casa per Covid, dall’etologo Arturo Paguro.

Secondo lo studioso, le bambine fanno le civette, la figlia del dottore è una bambina, la figlia del dottore è una civetta, quindi le civette facevano l’amore con il dottore, e non con la figlia. Il ragionamento deduttivo ha dimostrato che, compito delle civette, era di spaventare a morte la figlia del dottore. Perché?

Ambarabà ciccì coccò è la risposta, e se non siete degli esistenzialisti, sedetevi e cercate di estrarne il senso o qualcosa di commestibile. Che riescano nella loro missione o meno, non è dato sapere, mentre è ormai lapalissiano che il dottore si ammala.

Non la figlia, che forse è una civetta, e che è spaventata a morte da delle civette, delle civette brutte. E la logica vorrebbe che la figlia si ammalasse, perché vorrei vedere chi, trovandosi sul comò, al posto della luce da tavolo e  la Gazzetta dello sport, delle civette brutte, che se ne stanno lì a spaventarti, non si ammalerebbe: colpo apoplettico, fegato marcio, unghie incarnite e perdita dell’umorismo.

Invece si ammala il dottore, perché è un’anima sensibile e le anime sensibili, anche se hanno una brutta calligrafia, fanno questa fine. Quando la filastrocca raggiunge il climax e la tensione drammatica rischia di farvi esplodere gli pneumatici, ecco che arriva, come un bravo fisioterapista, la risoluzione, la sensibile che sale alla tonica, ambarabà ciccì coccò.

L’autore voleva forse dirci qualcosa? Farci capire che è inutile sbattersi la testa per estrarre un senso a questa vita senza più le mezze stagioni, perché quando pensi che le cose vadano in un modo, arriva il fenomeno di turno a parcheggiare in terza fila e bloccare il traffico per due ore?

Aiutarci a dipanare la nebbia che avvolge le nostre menti e indicarci un orizzonte, che se poi guardi meglio la intravedete, in fondo, la fila delle partenze intelligenti?

Forse, ma se tanto alla fine della conta tocca a voi, be’, ambarabà ciccì coccò. Capolavoro.