Don’t you worry – BEP, Guetta, Shakira

Don’t you worry
Don’t you worry about a thing
‘Cause everything’s gonna be alright

….

Oh, oh-oh, oh-oh, oh-oh
Kay, eh-ay, eh-ay, okay
This is how we do it, baby, this is what we say

Che cosa ci fanno i Black Eyed Peas a Zocca? È una storia molto lunga che io non ho alcuna voglia di raccontare, ma se non lo faccio, l’editore di Costruzioni con l’ego non mi elargisce la paghetta settimanale, gommose alla liquirizia e visita guidata a Gardaland comprese.

Facciamo un salto mortale temporale all’indietro. Un po’ di tempo fa il noto produttore musicale David Baguette, detto David Guetta, i noti produttori musicali statunitensi Black Eyed Peas, detti Black Eyed Peas, e il noto calciatore Xherdan Shakira (che ignoravo si fosse dato alla musica, grande Xherdan!), si incontrano in uno studio di registrazione. Per caso, visto che Guetta stava facendo la fila dal salumiere. Iniziano a parlare del più e del meno e dicono, perché non scriviamo una canzone che ci fa fare un sacco di soldi, così andiamo tutti a fighe a Ibiza?

L’idea piace tantissimo, soprattutto a Xherdan che non ne può più del freddo gelido di Chicago e vorrebbe starsene tutto il giorno su una spiaggia ad abbronzarsi il collo taurino. David Guetta si siede dietro a computer e tastiera e in cinque minuti tira un fuori un motivetto orecchiabile. L’entusiasmo è alle stelle, fino a quando Will.I.am si accorge che la melodia è uguale a Fiumi di parole dei Jalisse. Grande sconforto, calo di energie, ma il dj francese non si perde d’animo e inizia a sciorinare un motivetto dietro l’altro. Intuendone le potenzialità commerciali, ne scelgono uno a caso, quello che pensano che anche gente come Mario Draghi avrebbe potuto canticchiare durante un consiglio dei ministri.

Si mettono poi a scrivere il testo. In cinque minuti David Guetta scrive le parole della canzone, ma Will.I.am si accorge che sono le stesse di Fiumi di parole dei Jalisse. Xherdan ha il blocco dello scrittore e dopo un’ora, sul suo foglio, c’è solo la lettera ‘p’ per cui, confessa, ha sempre avuto un debole. 

È un momento difficile del processo creativo e David Guetta si spazientisce perché deve andare a giocare a pétanque con i Daft Punk, che batte sempre perché con quei caschi in testa non ci vedono una mazza.

Improvvisamente il giocatore svizzero, che quando balla sculetta che è un piacere, ha un’idea: scrivere una canzone motivazionale, tipo training autogeno. Pensa potrebbe servirgli perché il passaggio dall’Olympique Lione al Chicago Fire non l’ha vissuto benissimo. Avrebbe dovuto andare a giocare a Dubai, almeno là fa caldo. Will.I.am, entusiasta, inizia a battere fragorosamente le mani, battito che David Guetta campiona immediatamente e invia all’Ushuaia di Ibiza.

“Non ti preoccupare / Non ti preoccupare di niente / Perché andrà tutto bene”. Strano, pensano tutti e tre, meravigliati, perché l’hanno scritto in italiano. Solo a leggerlo, si sentono già più motivati. D’altronde, è una canzone motivazionale.

A questo punto vorrebbero proseguire con qualcosa di rock ma non troppo complicato, intellettuale, qualcosa di transgenerazionale, che possa essere capito dal grand-père Jean, che alleva lumache sulla terrazza della sua villa in Costa Azzurra, come da suo nipote Pierre, che ama ascoltare trap quando appicca fuoco alle tende di casa del nonno. Da soli, però, sanno che non possono farcela. Seguaci del grande Socrate, sanno di non sapere, il che, nel loro campo, è un gran vantaggio. Sì, ma chi li può aiutare?

Xherdan, che ha vissuto in Italia, ha la risposta. Il vate del rock, anche lui un uomo che sa di non sapere e che, di quel non sapere, ci ha fatto 32 album e 45 anni di carriera. Ed è così che, un pomeriggio, il ditone di Will.I.am suona il campanello di una villa di Zocca. La porta si apre ed è impossibile non riconoscerlo, con in testa l’inconfondibile berretto militare: è proprio lui, Vasco Rossi. Appena vede Xherdan, gli getta le braccia al collo, baci, abbracci. È un grande fan del giocatore, anche se continua a chiamarlo Lukaku. David Guetta e Will.I.am ci rimangono un po’male.

Una volta invitati a entrare, spiegano al rocker il motivo della loro visita. Vasco ascolta con attenzione, poi prende foglio, penna e scrive per venti minuti. Quando mostra il foglio, Will.I.am e Guetta si accorgono che le parole sono le stesse di Fiumi di parole dei Jalisse. Glielo fanno notare, ma Vasco inizia a vocalizzare, una moltitudine di vocali allungate all’infinito che iniziano a girare vorticosamente. Quindi, prende uno schiacciamosche e incomincia a menare colpi a destra e a manca, fino a quando tutto quel po’ po’ di vocali finiscono sopra il foglio, tramortite.

Geniale, ma il testo, per i loro gusti, è troppo denso. Il rocker emiliano non si perde d’animo e incomincia un lavoro di cesellamento. “Oh, oh-oh, oh-oh, oh-oh / Kay, eh-ay, eh-ay, okay”. Bingo, esclama Xherdan, e lo ripete un paio di volte, mentre Guetta campiona l’esclamazione e produce una hit che invia al Pacha di Ibiza.

Will.I.am muove la testa seguendo la ritmica e la musicalità delle parole, ma invece di limitarsi a quello, commette un errore mortale. Domanda che cosa significhino. Vasco, che è un ammiratore della scuola del buddismo zen, colpisce Will.I.am con un bastone sulla testa per aiutarlo nel suo cammino verso l’illuminazione. La botta è piuttosto forte e lascia il produttore musicale poco illuminato ma piuttosto intontito, condizione ideale per comporre un altro paio di successi commerciali.

Alla fine Guetta fa partire la base, si mettono tutti a cantare la canzone mentre Xherdan si lancia in un balletto che mette in mostra i suoi polpacci scultorei e depilati per l’occasione.

Giudizio definitivo sul testo? Al primo ascolto, ammetto che possa sembrare essere stato scritto da un bambino di cinque anni. Se fosse così, però, saremmo tutti a sfruttare il lavoro minorile per i nostri tre minuti di successo planetario. No, il testo è frutto di un duro lavoro di squadra che ha portato la logica aristotelica a fondersi con la pratica meditativa che aggira il pensiero intellettuale. Capolavoro.