Metti un po’ di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre, ma non troppo
Metti un po’ di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Una canzone, un grande successo, un testo apparentemente semplice ma di una profonda profondità.
Vorrei iniziare con una notizia che, se confermata, potrebbe cambiare il modo in cui ci si approccia alla canzone. Secondo una fonte, di cui non posso rivelare né il nome, né il cognome, e nemmeno i gusti sessuali, gli autori non sarebbero Colapesce e Dimartino ma Dimartino e Colapesce e, si sa, in musica, un accordo e il suo rivolto non sono la stessa cosa.
Il pezzo affronta un tema di difficile trattazione, ovvero il peso specifico della musica. Quanto pesa la musica? Difficile rispondere, anche se, si sa, molta musica contemporanea seriale è di una pesantezza rara.
I due musicisti vogliono una musica leggera, diafana, che si infila nel taschino senza appesantire, e che viene utile quando si ha voglia di quel qualcosa di niente durante la giornata.
Parole senza mistero, perché versi come “È un mistero, la vita” appesantiscono inutilmente la canzone, spostando la lancetta della bilancia verso destra. Rimane tuttavia un mistero il perché citino la parola ‘mistero’ per esternare il fatto di volere parole senza ‘mistero’.
E quali sono le parole allegre, ma non troppo, a cui fanno riferimento? Per esempio, caspita, che esprime dell’entusiasmo, ma frenato dall’educazione. Mi hanno assegnato il premio Nobel. Caspita! O soddisfatto. Ho costruito il Colosseo, sono abbastanza soddisfatto. Si intuisce della gioia, dell’orgoglio, ma non proprio da trombette da feste di compleanno. Il tipico understatement siculo.
Curioso osservare dove vogliano mettere questa musica così leggera: nel silenzio assordante. L’unico silenzio assordante è quello a cui assistetti nel 1984, quando mia madre chiuse la bocca per trenta secondi e mio padre riuscì a dire, finalmente, “Finalmente”.
Verso la fine, tutto assume un senso nel buco nero che, a un passo da noi, ingloba questo senso e lo sputa fuori, schifato, urlando contro i diritti d’autore e le rime baciate tipo cuore, amore, agopuntore. La musica leggerissima ci aiuta a circumnavigare il buco nero, facendogli delle grandi pernacchie.
Gli autori non conoscono forse la storia di Giangiacomo, un ragazzo che abitava a duecento metri da casa mia, che un giorno cadde in un buco nero mentre ascoltava un pezzo di Stockhausen. Non fu mai più ritrovato, ma alcuni dicono di averlo avvistato in Australia a suonare il didgeridoo. Capolavoro.