Se sarai vento, canterai
Se sarai acqua, brillerai
Se sarai ciò che sarò
E se sarai tempo, ti aspetterò
Per sempre
S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, cantava tanto tempo fa un menestrello toscano, tale Cecco Angiolieri, all’Osteria dei Tromboni, un posto frequentato da gente che si dava un sacco di arie, soprattutto a stomaco pieno.
Si sedeva lì, con la sua ribeca, e appena concluso il primo verso un coro di ubriaconi rispondeva, ‘E s’i’ fosse fica?’, e giù tutti a ridere, compreso il Cecco Angiolieri, che in barba al dolce stil novo iniziava a declamare versi allusivi, poi si alzava sul tavolo con il boccale rivolto agli altri commensali e urlava “Viva la…”.
Non riusciva mai a finire la frase perché cadeva sempre a peso morto sul tavolo, tramortito dagli effetti alcolici. Certo, dai tempi di Cecco ne sono passati di anni, più di settecento, che a pensarci uno dice, però, come passa il tempo.
D’altronde, quando ci si diverte, è un attimo addormentarsi trovatori e risvegliarsi sul palco di Sanremo con l’orchestra che sviolina e un microfono davanti.
Ne sa qualcosa Irama, il cui nome letto al contrario è Amari. Pensiero profondo, certo, ma non mio, e mia nonna mi ripeteva sempre dai a Cesare quel che è di Cesare, anche se non lo conosci personalmente. Tullio Sapiente, il Sapiente Tullio, questo è il nome del fine letterato e paroliere che una sera mi ha mandato via Whatsapp quell’intuizione, senza specificare però il tipo di amari.
Cose così sarebbe meglio evitarle, perché ti tengono sveglio tutta la notte a rimuginare e quando ti svegli la mattina non è che ti senti così pronto a interpretare il repertorio canoro degli ultimi cinquant’anni. Io, però, sono un professionista, e anche se oggi mi sono alzato con le borse sotto gli occhi e una vescica avara che mi ricorda l’avanzare del tempo, il mio lavoro di cesellamento interpretativo l’ho portato a termine.
Se Cecco Angiolieri fosse vissuto oggi, sarebbe andato a cantare al festival di Sanremo. Non potendo, l’ha fatto Irama, che esordisce con una serie di verbi al futuro che mimano il ben più sofisticato congiuntivo dell’Angiolieri. D’altronde, ognuno si sceglie la grammatica che si merita.
Inutile entrare nell’immaginario poetico del cantautore. Ci ho provato, fin dalla prima riga, ma mi è venuto un gran mal di testa e mi sono dovuto sdraiare un momento sul divano. Il momento si è prolungato per più di un’ora, durante la quale mi sono esercitato con degli scioglilingua in svizzero tedesco che mi aiutano a rimanere umile.
E a proposito di ore e momenti, soffermiamoci sul verso che introduce il concetto di tempo. Perché è proprio qui, sull’idea di tempo, che i grandi pensatori dell’umanità si sono spaccati la testa per cercare di trovarne una definizione, una collocazione, un senso, un vagito, un cucurrucucú paloma.
Pensate a Platone e alla sua immagine immobile dell’eternità. Immagine impossibile da immortalare con il vostro cellulare, se ci state pensando. O a Kant, per cui il tempo è una forma pura dell’intuizione sensibile. Difficile che sfondi come ritornello di una canzone, ma ho letto testi peggiori. E Cher? If I could turn back time/ If I could find a way/I’d take back those words that have hurt you/And you’d stay. L’irreversibilità e il tragico destino che ne consegue concentrate in quattro versi.
Irama si immette nel solco di questa grande tradizione e, mescolando vocali e consonanti a caso, partorisce un verso di inaudita potenza che ribalta immagini e luoghi comuni associati al movimento continuo delle lancette.
E se sarai tempo, ti aspetterò. Pensate al familiare non ho tempo da perdere. O al criminale ammazzare il tempo. Prendeteli, infilateli dentro a un frullatore e fateli assaggiare a un belloccio con una gran voce. Ed eccolo lì, l’innamorato, che, preso alla sprovvista dall’improvvisa tramutazione della fidanzata in tempo (per motivi ancora tutti da chiarire), decide di aspettarlo. Il tempo. Non di perderlo. Non di ammazzarlo. Di aspettarlo.
Cosa significa? Significa che per aspettare il tempo deve averne di tempo, un eterno ritorno dell’uguale che salverebbe tante gratte da pelare a tutti coloro che lavorano nel campo dell’intrattenimento.
Giudizio finale? Capolavoro. Il tempo ci darà ragione.