Should I stay or should I go – The Clash

Dovrei rimanere o dovrei andarmene adesso?
Dovrei rimanere o dovrei andarmene adesso?
Se me ne vado, ci saranno problemi
Se rimango, ce ne saranno il doppio
Quindi, su, fammi sapere

“Essere o non essere?” si chiedeva il principe di Danimarca. Un dubbio esistenziale che lo dilaniava, rendendolo incapace di passare all’azione e procurandogli dei fastidiosi disturbi gastrointestinali.

Diversi secoli dopo, ritroviamo una variazione del famoso dilemma nel ritornello di questo pezzo cantato da moderni bardi che si esibirono a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Rimanere o non rimanere. Una domanda apparentemente semplice che nasconde, però, una complessità che non può essere banalizzata in un paio di righe.

Cosa accomuna gli autori ad Amleto? Nulla, anche se a Londra, al Globe Theater, si esibiva la compagnia di Shakespeare, e questo crea un terreno comune su cui portare avanti l’analisi: una bella pinta di birra calda.

Rimanere o non rimanere. A volte non è una scelta. Per esempio, da piccolo, volevo rimanere davanti alla televisione per ore, giorni, settimane. Anni. Mio padre, al contrario, aveva altri piani in serbo per me. Quando io, esacerbato dalla sua ostinazione, esibivo platealmente le mie rimostranze, mi inseguiva per la casa cercando di colpire il mio sedere con una poderosa pedata.

A volte è solo un verbo all’infinito seguito dalla sua negazione. Ricordo ancora quella mattina, alle elementari, quando la maestra mi domandò “Rimanere, oppure?”, chiedendomi di continuare. Io risposi “Rimanere oppure no”, e lei infatti, urlandomi in un orecchio per farmi uscire vocali e consonanti dall’altro, mi indicò la porta, rendendo di fatto impraticabile l’opzione del rimanere.

Ma qui la cosa si fa più sottile, quasi paradossale. “Se me ne vado ci saranno problemi”, scrivono. E subito dopo, “Se rimango, ce ne saranno il doppio”. Io vado, quindi ci saranno problemi. Io rimango, quindi ce ne saranno il doppio. Seguendo le inferenze del modus ponens, appare ovvio quale sia la scelta giusta da fare, ovvero minimizzare le perdite. Eppure, gli autori sembrano vacillare e chiedono consigli sul da farsi, “Quindi su, fammi sapere”. Perché? Chi? Come? Il bagno è sempre in fondo a destra?

Harper F. (Fpunto), grande conoscitore dei The Clash e detentore del record del mondo di chi mangia più hot dog avariati in sessanta secondi, ritiene siano gli effetti allucinogeni dei calzini indossati durante i concerti, calzini che avrebbero il potere di annebbiare le capacità cognitive.

Brandon Perignon, un matematico conosciuto per i suoi calcoli renali, piuttosto dolorosi, è convinto che il testo non debba essere interpretato all’interno della logica binaria, più meno, zero uno, maradona pelè, ma alla luce della logica fuzzy, così che il vero e il falso sono leggermente sfuocati e il forse, come risposta, non appare più una posizione da ignavo dantesco.

La terza ipotesi, sostenuta dal mio amico Elio Joseph Cohen, esperto di mistica ebraica da quando è stato colpito in testa a Gerusalemme da un volume dello Zohar caduto giù da un balcone, è che la persona a cui si rivolgono sia Dio, l’infinito, il senza fine, come i suoi tempi di attesa: biblici. Dio si rivela a noi umani grazie al telefono, che può essere usato come mezzo per comunicare con l’Onnipotente, sempre che sia libero. “Benvenuti a Parla con l’Eterno. Al momento tutte le nostre sette miliardi di linee sono occupate, vi preghiamo di rimanere in attesa per i prossimi vent’anni per non perdere la priorità acquisita”. Capolavoro.