Under pressure -Queen e David Bowie

Mmm num ba de
Dum bum ba be
Doo buh dum ba beh beh


Um ba ba be
Um ba ba be
De day da
Ee day da- that’s okay


Pressione sulla gente, la gente sulle strade

Che cos’è la pressione? Questa è la domanda da cui sono partiti gli autori della canzone nel momento in cui hanno scoperto che, oltre alle note, avrebbero dovuto aggiungerci anche un testo.

Inizialmente il pezzo era tutto incentrato sulla legge di Pascal, secondo cui  la pressione esercitata in un punto qualsiasi di un fluido si trasmette esattamente allo stesso modo in ogni altro punto di quest’ultimo.

Il testo era opera del chitarrista, laureato in fisica, che pensava che il pubblico non dovesse essere trattato come una massa informe di analfabeti funzionali, ma andasse condotto per mano fino a fargli comprendere i concetti più astrusi, come abbinare i mocassini con i calzini bianchi o l’ardito connubio ketchup spaghetti.

Tuttavia, solo un ristretto gruppo di dottorandi in fisica erano in grado di coglierne il significato e le sottigliezze. Fu così che David Bowie, il duca bianco, entrò una mattina in studio di registrazione annunciando che avrebbe scritto le parole, mentre il resto della band avrebbe continuato a fare quello che sapeva fare. Cosa, non ne avevano la più pallida idea.

Quella sera il Bowie andò a coricarsi subito dopo cena, alle sei e mezza, ma gli rimasero sullo stomaco le patatine unte che aveva mangiato insieme al pesce fritto in pastella. Precipitò in un sonno agitato. Fece un sogno strano.

Era sul letto, disteso, e non poteva muoversi perché sopra la pancia vi avevano costruito un tempio buddhista. Dal tempio era uscito un monaco che, dopo averlo colpito in testa con un bastone, gli aveva sussurrato alcune parole all’orecchio.

Quando si svegliò, scrisse su un foglio le parole del monaco. “Ahhh, mhhh, ahhh”, e siccome non volevano dire un cazzo, le cambiò in  “Mmm num ba de /Dum bum ba be / Doo buh dum ba beh beh”.

Appena Queen le lessero, impazzirono. Freddie si strappò i baffi esibendosi nel numero della foca monaca, Roger percosse la testa del bassista creando delle terzine perfette, Brian, il chitarrista, compose un assolo per un brano che avrebbero scritto dieci anni dopo e il bassista, John,  continuò a movere la testa avanti e indietro fino a quando Roger non gli infiò una bacchetta nell’occhio, cosa che lo fece molto ridere.

Con il passare dei minuti, però, calò anche l’entusiasmo. La canzone si intitolava Under pressure, ma tutti quei vocalizzi non sembravano cogliere nel segno.

Il Bowie ammise che, a un primo ascolto, era difficile cogliere un nesso, e forse anche al secondo, ma era convinto che, se ascoltati mille volte di seguito, tutti quei gargarismi vocali avrebbero rivelato l’immensa pressione sociale e culturale che il velo di Maja impediva di vedere, nascondendola dentro al taschino.

La sua teoria fu messa in discussione dal baffuto Freddie che, dopo aver sniffato la Fenomenologia dello spirito di Hegel, buttò sul tavolo tesi, antitesi, sintesi e sette di squadri, scopa.

Fu così che, quasi senza accorgersene, il cantante scrisse su un bigliettino Pressione sulla gente, la gente sulle strade e lo passò al Bowie. Il duca bianco ci diede un’occhiata e restituì il bigliettino al Freddie, lamentandosi del fatto che non sapeva leggere l’italiano.

Scusandosi dell’errore, Freddie cambiò la frase in Pressure on people, people on street, Da-da-da, mm-mm, Da-da-da-ba-bum e poi si lanciò in una filippica volta a criticare il formalismo matematico. Nasceva così il nucleo di Under pressure, che alcuni hanno definito la canzone più bella degli ultimi cento miliardi di anni, anno più, anno meno.

Non posso che concordare e, ogni volta che la sento, mi commuovo, pensando a quanti soldi avrei potuto fare se l’avessi scritta io. Capolavoro.