L’amore per i genitori

Una cena di una qualche sera di novembre del 2020, A. e D. erano seduti a tavola, insieme a J., a mangiare. Io me ne stavo sul divano, con in mano un biberon, ad allattare mio figlio B. di neanche due mesi. Potrebbe essere un ricordo distorto, di quelli che servono a creare un’immagine migliore di noi stessi. Può essere che in realtà B. stesse dormendo (poco probabile) e io fossi spaparanzato sul divano a bere una birra e a mangiare grissini. Può essere che B. stesse piangendo, che mia moglie lo stesse cullando e che io fossi spaparanzato sul divano a bere una birra, senza neanche i grissini. Sono certo però che i miei due bambini stessero mangiando. E parlando.

Se amate il silenzio, vi sconsiglio di ospitarli a casa vostra, perché l’unico momento in cui non proferiscono parola è quando stanno dormendo, e anche lì, parlano nel sonno. La cosa buona è che avete la scelta: potete conversare in italiano, in tedesco o in svizzero tedesco. A volte in tutte e tre le lingue contemporaneamente.

In questa occasione, c’era una conversazione particolarmente accesa in tedesco. Il tedesco è una lingua bellissima, ma a volte può suonare piuttosto perentoria, e quando i toni si scaldano, a me fa paura. Mi mette in soggezione. Mi sembra sempre di aver fatto qualcosa di sbagliato. Oh Mann! Con i miei figli faccio finta di non capire una parola, così sono costretti a parlarmi in italiano. In realtà il tedesco lo parlo. E lo capisco anche. Più o meno. Non sempre. Lo svizzero tedesco, invece, quello proprio non lo capisco. Tranne Grüezi. Grüezi lo capisco. Grüezi mitenand. E anche Ade mittenand. E Merci Vilmal. E Hoi zäme. E pure en guete. Oltre a questo per me è cinese. Un cinese che suona come un centrifugato di tedesco mischiato con l’olandese. Niente a che vedere con il cinese, in ogni caso, che non capisco davvero. Insomma, qui vi riporto la traduzione simultanea tedesco – italiano della conversazione tra i miei figli e mia moglie: 

D.: “Mamma, prima ti colpisco in testa con un martello, e poi ti faccio un buco con il trapano, e poi sei morta”

A.: “Nooo! E poi chi ci fa da mangiare?!”

È evidente che c’è un grosso problema. Un problema che deve essere affrontato. Ne aveva avuto sentore, ma non ci avevo mai dato tutto questo peso. Giusto ora che ne parli con J. e con i miei due bambini perché questa conversazione mi ha scioccato. Come è possibile che i miei figli non hanno nessuna, nessuna fiducia nelle mie doti culinarie? È stata una rivelazione, e un giorno tristissimo per me. Tutta colpa, forse, di quella cacio e pepe un po’ troppo pepata che non è stata particolarmente apprezzata. Dura fare il papà.