“Non lo voglio il polentone”, sento gridare mio figlio D. È dicembre, sono le sette e quaranta del mattino, fa freddo, e a dirla tutta non lo voglio neanche io. Primo, che parli con quel tono. E poi il polentone. Con il latte, dai. Figuriamoci con i biscotti. Il talebano culinario che è in me si ribella con violenza ideologica al solo pensiero. Vengo però assalito da un dubbio: non è che ce l’ha con me? No, non è possibile: qui in famiglia, geograficamente, l’unico meridionale sono io. Elimino la possibilità dell’epiteto a sfondo denigratorio e mi concentro sul qui e ora.
“D., non c’è nessuna polenta. Adesso mangia, se no facciamo tardi”
“Ma tu l’hai tagliato!”
“Questo?”
“Sì”
“Ma questo non è il polentone. È il panettone. PA-NET-TO-NE”
“Sì! Polpettone!”
Va bene. Non capisco però perché non lo voglia: è un polpettone senza canditi.