Le forme classiche di governo, così come enunciate dal grande filosofo greco Aristotele, sono cinque. Tuttavia, ci si ricorda solo delle prime tre: la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Che cosa ne è stata della quarta? E della quinta?
Finita nel dimenticatoio perché considerata una forma indigesta di governo, la burrocrazia tornò in auge a cavallo tra il XVII e XVIII secolo grazie al ruolo dei francesi che hanno sempre prediletto l’utilizzo del burro come strumento di gestione del popolo e della sua digestione.
Il termine burrocrazia venne coniato dall’economista francese Jacques Claude Marie Vincent de Gournay mentre scriveva per esteso il suo nome, un’attività sfiancante che avrebbe necessitato di gente pagata apposta per farlo su carta bollata.
L’Italia divenne patria prediletta della burrocrazia. Purtroppo, il calore dei mesi estivi la sciolse, permettendole di penetrare in tutti i pori dell’apparato statale.
Questa diffusione capillare della burrocrazia ha avuto effetti nefasti non solo sul colesterolo e sull’efficienza produttiva, ma anche, come ci insegna il grande maestro pugliese Lino Banfiteatro, su occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio.
L’oliogarchia, invece, è un sistema di governo che accentra il potere in poche gocce di olio. Poche ma buone. In Italia ricordiamo l’oliogarchia d’oliva, che detiene il potere sulla dieta mediterranea.
Certo, un’oliogarchia illuminata, sapiente, che ha reso l’Italia famosa in tutto il mondo. Non tutti però, apprezzano questa forma di strapotere.
I filoburrocratici e molti sostenitori della democrazia vedono nell’oliogarchia un principio di dittatura, l’imposizione del gusto unico. L’oliva unisce e divide, evviva l’olio di Iva che spreme l’oliva, mentre l’Iva al 22% spreme il fiero popolo italico che tanto l’evade e siamo punto a capo.
L’oliogarchia può definirsi un sistema di governo di tipo populista in quanto si rivolge alla pancia del paese; sovranista, perché sbarra i confini all’importazione di olio di oliva; imperialista, poiché vuole imporre sul mondo il suo dominio assoluto.
D’altronde, de gustibus non disputandum est, e se l’olio e il governo fanno schifo, sputandum est.