Il sacherdote

Mediatore tra gusto divino e plebeo palato, il sacherdote fa la sua prima comparsa qualche millennio fa.

Mosè e il popolo ebraico, dopo quasi quarant’anni di peregrinazioni nel deserto del Sinai, ne hanno abbastanza di humus, pita, sabbia insapore e file di turisti che fanno avanti e indietro dalla mattina alla sera a cavallo dei loro quad.

Inoltre, devono sorbirsi le tiritere dei pacifisti locali, fomentati da quel furfante del faraone, che li accusano di occupare illegalmente i territori palestinesi.

Razzisti, sionisti, fascisti e pimperepettenusa sono le parole più edulcorate che gli urlano addosso. Gli israeliti, però, se ne fottono, non conoscendo il significato di nessuna delle parole elencate.

In compenso, si lamentano con Mosè: capo, facci divertire, chiama David Guetta, interrompi questa insopportabile monotonia, e dacci qualcosa di decente da mangiare, è scritto anche nei comandamenti dettati dal roveto ardente, a pagina due, in piccolo, dopo le note legali.

Mosè, che a fatica ricorda i primi dieci, prova a servire loro il roveto al dente, ma il popolo ebraico, per quanto spiritoso, non gradisce la battuta.

Per venire incontro a tutti quei palati trascurati e pieni di sabbia ed evitare pericolose sedizioni, Dio fa piovere torte Sacher per una settimana, durante la quale gli ebrei, per lodare la generosità dell’Eterno, intonano jodel tirolesi sotto l’accorta direzione musicale di Aaron.

Grazie anche alla sua partecipazione al reality show culinario di Gordon Ramses II, Aaron viene nominato da suo fratello Mosè ‘Sommo Sacherdote’. Amen.