A volte un piccolo, insignificante refuso può avere un effetto inaspettato sulla vita delle persone.
La storia è quella di Ignazio Mascellone, dove Mascellone è il nome, che nel 1988, mentre si infilava del ketchup dentro le narici per farsi bello davanti a delle squinzie starnazzanti, ebbe una visione, procuratagli da una patatina che andò a incastrarsi per alcuni secondi nella sua trachea.
Quando, grazie alla manovra di Heimlich, il vigile urbano Urbano Urbano riuscì a fargli a sputare la patatina che, espulsa come un proiettile, andò a conficcarsi sul muro di un palazzo in piazza Liberty a Milano, Mascellone sapeva già cosa avrebbe fatto da lì ai prossimi trent’anni.
Il velluto verde, la stecca, il gessetto. Sì, avrebbe dedicato la sua vita al gioco del biliardo, sarebbe stato come Eddy lo svelto o Vincent Lauria, sarebbe diventato ricco e gli avrebbero dedicato un film.
Arrivato a casa, non riuscì ad arginare il suo entusiasmo, che straripò fuori dall’appartamento sotto forma di urla di giubilo e cannonate. Un vicino di allora se lo ricorda ancora, quel giorno: “Me ne stavo sdraiato sul divano a meditare quando, bam, mi viene giù il soffitto in soggiorno. Era mica il Mascellone?! Vado da lui, piuttosto innervosito, e gli faccio ‘Mascellone, ti sei scimunito del tutto?! Sono le due del pomeriggio, la gente riposa!’. Poi, però, mi racconta tutta quella storia sul biliardo e allora ci abbracciamo e bum, una piccola cannonata la sparo pure io e dieci minuti dopo siamo tutti lì, che cantiamo, ci abbracciamo e spariamo cannonate. Che giornata memorabile, che giornata!”.
Il fatto che non avesse mai giocato a biliardo nella sua vita al Mascellone non pareva un grosso problema. Lui era un visionario, il resto erano dettagli insignificanti. Tuttavia, pensò che fare un po’ di pratica avrebbe potuto essere un buon punto di partenza.
Poiché Mascellone non aveva mai davvero lavorato nella sua vita, scrisse una lettera al signor Attilio Numa Pompilio, un romano trapiantato a Milano che era diventato ricco costruendo un impero con il mangime per i criceti. “Stimatissimo e illustrissimo dott. Pompilio Attilio Numa, le scrivo questa lettera nella speranza che lei può esaudire una mia piccola richiesta. Nei prossimi due anni diventerò il giocatore di biliardo più forte del mondo. Ho bisogno, però, di un tavolo da miliardo per potermi esercitare. Se lei, generoso come penso che è, me ne comprerebbe uno, non farebbe una donazione, ma un investimento a lungo termine. Quando sarò una celebrità, posso mettere la mia faccia sopra i suoi mangimi per criceti e scrivere La colazione dei campioni”.
Il Numa Pompilio, brillante uomo d’affari, ma lettore poco attento, non si accorse del refuso che Mascellone aveva fatto nella sua lettera. Ci pensò su e alla fine si convinse che fosse una buona idea, congiuntivi a parte. Così, due settimane dopo, Mascellone si vide recapitare a casa sua non un tavolo da biliardo, ma un tavolo in oro e diamanti del valore di un miliardo di lire.
Essendo privo di buche, Mascellone se ne fece una ragione, lo vendette e con i soldi ricavati dalla vendita si trasferì su un’isola pedonale dove aprì un McDonald in franchising. Numa Pompilio perse un miliardo e un futuro testimonial, ma persone a lui vicine dicono che non se ne sia nemmeno accorto