La grattitudine

Questa è la storia di Gianluigi. Beppe, per gli amici, e anche per chi non lo conosce. Una sera d’estate di molti, molti anni fa Gianluigi, che allora aveva quindici anni, si trovava sul terrazzo di casa sua, un appartamento nel pavese affacciato sul Naviglio, in compagnia del suo migliore amico e compagno di classe, Giuseppe. Gigi, per gli amici, e anche per chi non lo conosce.

E, in fondo, questa è anche la storia di Giuseppe.

Non stavano facendo nulla di particolare. Parlavano delle loro vacanze, dei loro sogni, e da chi avrebbero potuto copiare le versioni di latino prima dell’inizio delle lezioni. Mentre chiacchieravano, osservavano le acque del Ticino scorrere, inesorabili, lente. 

“Gigi, lo sai che non puoi entrare due volte nello stesso fiume?”
“Come no? Sabato scorso mi sarò tuffato in acqua almeno dieci volte. Fidati, era lo stesso fiume”
“Eraclito dice che non è possibile”
“Eraclito chi?”
“Come chi? Quello del panta rei”
“Lo sciampo?”
“No, non il Panten. Il panta rei. Tutto scorre”
“Si vede che non ha conosciuto mio nonno. Sono dieci anni che non si alza dalla sua poltrona e piscia due gocce al giorno. Lì non scorre niente”
“Comunque Eraclito intendeva dire che il Divenire è la sostanza dell’essere”
“Sì, sì, ma sarà vero anche il viceversa”

Il dialogo filosofico fu interrotto bruscamente da un suono. Un suono fastidioso, inconfondibile. Un cacofonico “Zzzzzzz”. Nessun ombra di dubbio, tantomeno dubbio filosofico: la zanzara pavese, temutissimo insetto indigeno che si nutre di sangue locale, si era presentata per l’aperitivo.

“Beppe, hai sentito?”
“Cosa?”
“Zzzzzzz”
“Ancora. Hai sentito?”
“Adesso sì. Abbiamo compagnia. La vedi?”
“No, ma è qui vicina”
“Zzzzzzz”
“Eccola!”, esclamò Beppe, cercando di sfracellarla all’interno delle sue mani. 
“Zzzzzzz”

I tentativi di spiaccicarla capitolarono davanti alle capacità di sopravvivenza dell’insetto. Poi Beppe sentì l’urgente bisogno di darsi una bella grattatta dietro la schiena, proprio in mezzo alle scapole. Non riusciva però a raggiungere con la mano il punto giusto. Gigi, vedendolo irrequieto, decise che era venuto il momento di dare prova della propria amicizia.

“È qui?”, domandò, posandogli una mano sulla schiena.
“Un pelo più in giù”, rispose Beppe.
“Qui?”
“Ancora un po’ più in giù…ecco, sì, sì, perfetto”

Gigi si mise a grattare energicamente, fino a quando Beppe non raggiunse l’atarassia. Da quel momento in avanti Beppe iniziò a provare nei confronti del suo miglior amico un sentimento che non sarebbe mai più andato via. Un sentimento forte, che sarebbe crescituo nel tempo. La grattitudine.

Oggi Gianluigi e Giuseppe sono due anziani signori di ottantanove anni. Una volta alla settimana si trovano ancora lì, su quel terrazzo, a condividere acciacchi e a raccontarsi storie passate che forse sono accadute, e forse no.

A causa della maculopatia e della retinopatia diabetica il fiume non riescono più a vederlo, ma possono ascoltarlo mentre continua a scorrere. E quando Gigi è felice, si avvicina a Beppe e lo gratta lì, proprio in mezzo alle scapole. Ma solo per un po’.

2 commenti

  1. “La grattitudine” è un racconto brevi manu, tra i più solleticanti che io abbia mai letto a letto. In poltrona lo trovo più pruriginoso.

I commenti sono chiusi.