Le mutandem

Mutatis mutandis, dicevano nel Medioevo. Paroloni per fini intelletti, ma niente di paragonabile all’impatto che ha avuto, in tempi recenti, un’invenzione rimasta sconosciuta ai più. Per fortuna.

Marco Pisciacontrovento è un boscaiolo analfabeta della val di Fiemme, famoso per la retorica a dir poco elementare e le citazioni kantiane. La leggenda narra che, una brumosa mattina di novembre, mentre è impegnato a disboscare con le mani ettari di abeti, Pisciacontrovento abbia una rivelazione.

Anzi, due: la prima, che il suo cognome non denota nulla di particolarmente sagace. Per la seconda, cambiamo scenario e trasferiamoci nella sua abitazione, una piccola baita di montagna, che Pisciacontrovento raggiunge in pochi minuti ruzzolando giù per la valle come il masso di Sisifo.

Arrivato a casa, Pisciacontrovento, eccitato come non mai, chiama suo fratello, Parco Pisciavento. Quando arriva, lo fa partecipe dell’idea più rivoluzionaria degli ultimi mille anni, almeno nella scala evolutiva dove lo scimpanzè rappresenta l’estremo più evoluto.

Marco Pisciacontrovento chiede a suo fratello di togliersi pantaloni e mutande. Poi fa lo stesso e, con entusiasmo da vendere, tira fuori un paio di mutande giganti che aveva ritagliato pochi minuti prima dalle tende del soggiorno. Invita il fratello a infilarsele insieme a lui.

Nascono così le famose mutandem, che nella testa di Pisciacontrovento avrebbero aiutato a risolvere diversi problemi a livello mondiale, ancora tutti da definire. Di certo, avrebbero contribuito a rendere celebre il suo cognome per altri motivi oltre il cognome in sé.

Purtroppo, a causa delle scie chimiche, il suo progetto non ha incontrato la fortuna meritata, anche se è riuscito a venderne, di mutandem, quasi un centinaio, tutte riciclate come tovaglie da picnic.