Cosa c’era prima dell’educazione? La maleducazione, strilla l’arrotino, mentre mi aggiusta un ombrello che non riuscivo ad aprire dal 1994.
Nando Della Spesa, professore ordinario di sociologi, ha scritto invece nel suo pamphlet La verdura renderà la società più libera, in omaggio all’Esselunga di viale Papiniano, che “Se l’educazione non esisteva, non era possibile essere maleducati”. Purtroppo, Della Spesa non vede oltre a quello che può vedere, soffrendo di quattro gradi di miopia intellettuale.
Come disse Mars, filosofo al reparto dolci dello stesso supermercato, uno spettro si aggirava per l’Europa, lo spettro dell’educazione. Aleggiava, ma ancora non atterriva.
Infatti, a tavola si mangiava ancora con le mani, masticando a bocca aperta ed emettendo suoni e odori che ancora oggi, in alcuni paesi, sono puniti con dei sonori calci nel sedere. Per la strada, orde di maleducati se ne andavano in giro con le dita nel naso, ma forse perché le tasche non erano ancora state inventate.
Nelle carrozze, anche quelle dei treni, dove la gente passava ore ad ascoltare musica trap a tutto volume. Maleducati. Secoli e secoli di inciviltà interrotti ogni tanto da sprazzi di geniale inventiva, slanci democratici, afflati creativi. E però il rumore di sottofondo rimaneva quello di una cattiva digestione condivisa con centinaia, migliaia, milioni di individui.
Fino a quando una signora, il cui nome s’ignora, mamma di quattro bambini di quattro, sei, otto e dieci anni, concepiti secondo la tabellina del due, diede in escandescenza.
Erano le tredici e dieci minuti di un giorno piovoso a metà del sedicesimo secolo e la signora, il cui nome s’ignora, stava portando alla sua prole, riunita intorno al desco (italo desco, scusa se insesto) dei piatti colmi di pasta e fagioli.
La scena, da ritratto di Annibale Caracci, si era presto trasformata in un caos brulicante da Bruegel il vecchio, con i bambini che si lanciavano addosso il cibo, facevano il trenino al suono di Maracaibo e urlavano ogni tipo di empietà.
A quel punto la signora, il cui nome s’ignora, non era riuscita più a contenersi e, sbavando di rabbia come un mastino pronto all’attacco, aveva gridato con tutto il fiato che era riuscita a buttare fuori dai suoi polmoni “Non si parla con la bocca piena!”.
E chissenefrega se nessuno dei figli stesse parlando, cosa che escludiamo perché dai registri dell’epoca apprendiamo che fossero dei semi deficienti, è il principio che conta. Eccolo, il seme dell’educazione, che, una volta piantato, avrebbe cambiato per sempre il mondo e come esperirlo, una rivoluzione copernicana che mise al centro l’educazione relegando al ruolo di comprimari buzzurri e analfabeti.
Eppure, il galateo viene attribuito a Giovanni Della Casa (da non confondere con la casa di Giovanni, il figlio del Bruno, che per dieci anni ospitò le feste più pazze del capoluogo lombardo), conosciuto come Monsignor Della Casa. Mimmo, per gli amici.
Caso volle che il Giovanni, proprio in quell’istante, passasse sotto la finestra dell’appartamento della signora il cui nome s’ignora. Il suo istinto era stato quello di inginocchiarsi e chiedere misericordia, convinto come era che quello che aveva appena udito fossero le trombe del giudizio universale, e non l’urlo primordiale di una madre sofferente, mater misericordiae.
Non vedendo spade di fuoco, eruzioni vulcaniche, maremoti e sciagure varie, incluse i sandali con i calzini bianchi e la pizza con l’ananas, Giovanni Della Casa si tranquillizzò, riprese la posizione eretta e sbirciò dentro l’appartamento.
Quello che vide lo lasciò a bocca aperta, dando l’occasione a più di una mosca di compiere un giro di ricognizione nella sua cavità orale: l’appartamento era minuscolo. Come facevano a vivere tutte quelle persone in una stanza e respirare allo stesso momento?
Il monsignore, che viveva in un attico pieno di affreschi, soffitti a cassettoni, divani in tessuto pregiato e una televisione OLED in ogni stanza, non poteva credere che potesse esistere una vita così pregna di sofferenze. L’unica volta che il monsignore aveva sofferto era stato l’anno in cui gli si era incarnita l’unghia del pollicione e aveva passato dei bruttissimi momenti, sicuro di essere prossimo alla morte.
Riavutosi dallo shock iniziale, Mimmo notò che dentro regnava un silenzio irreale. I bambini mangiavano con la bocca chiusa, senza quasi emettere un suono, i polsi al bordo del tavolo, seduti sui loro sgabelli, con la schiena dritta. Una cosa mai vista. Doveva saperne di più.
Si mise a bussare, senza ottenere risposta. Dopo essersi accorto di stare bussando sulla finestra aperta, si spostò di un metro a destra per colpire la porta con le nocche della mano. Toc toc. La porta si aprì e davanti a lui comparve una delle donne più brutte che avesse mai visto dopo suo zio Camillino.
La signora lo fece accomodare. Mimmo tirò fuori taccuino, penna e, dopo una lunga conversazione con la mater lacrimosa, tirò giù la prima bozza di quello che sarebbe diventato il libro più diffuso in tutto il mondo: il catalogo dell’Ikea.
L’appartamento, in effetti, era molto piccolo e spartano e un Billy vicino al caminetto, insieme al Klippan e a un bel tavolino Lack ne avrebbero migliorato, e di molto, la qualità.
Oltre a questo, il Monsignore si segnò anche una lista di cose che avrebbero potuto rendere più civili le mandrie di zotici che popolavano il mondo di allora.
Dopo aver declinato un piatto fumante di pasta e fagioli, il Monsignore si congedò, tornò alla sua magione e vi rimase rinchiuso per settimane. Ne uscì con in mano la prima copia del Galateo, overo de’ costumi, un’opera miliare per la nascita dell’educazione nell’Universo conosciuto e che insegnò a milioni di essere umani e quasi umani quanto fosse disdicevole tagliarsi le unghie dei piedi a tavola, zufolare Jodel con il sedere e cucinare la carbonara con la panna.
A centinaia di anni da quella pubblicazione possiamo affermare come l’educazione e il galateo siano ancora argomenti attuali e che la prossima volta che mi tocca di nuovo ascoltare quel pezzo di asino che, seduto davanti a me sul treno Zurigo Milano, mi ha costretto a sorbirmi tre ore e mezzo di video di trapper, gli infilo tre litri di fonduta nelle mutande. Amen.