Il pettine

L’altro giorno stavo facendo due chiacchiere con Lino Passero, che qui tutti chiamano Lino d’Italia perché trascorre la maggior parte del suo tempo a fischiettare Fratelli d’Italia. Fi fi fi fii, fi fi fi fii, fi fi fi fii, fi fi fi fii.

Parlavamo dell’invenzione del pettine. Lino soffre di una rara sindrome che lo ha reso calvo all’età di due mesi e per questa ragione ritiene il pettine l’invenzione più inutile della storia.

Gli ho fatto notare che la sua dichiarazione era priva di fondamento: generalizzare basandosi sulla propria esperienza è consentito solo al Valerio dopo il terzo bianchino. Lino si è indispettito e mi ha schiaffeggiato con un portacenere di vetro. Non me la sono presa più di tanto, anche se sento la mancanza del mio incisivo sinistro.

Ho deciso perciò di inserire la storia dell’invenzione di questo utensile all’interno della mia rubrica per evitare che scoppino diverbi causati dal non sapere di sapere ma essere convinti di saperlo.

Il pettine è una delle invenzioni più antiche, anche della macchina di mia madre. Andate indietro con la memoria di un bel po’, tipo il Neolitico, e troverete le prime tracce di questo utilissimo oggetto.

Perché non è stato inventato prima?, potreste chiedermi, se il vostro cervello è una tabula rasa. I nostri antenati, allora, erano pelosi come una scimmia e c’è una ragione se, anche adesso, le scimmie passano ore a spulciarsi ma non a pettinarsi.

Il pettine non è sempre stato così come lo conosciamo. All’inizio aveva una forma sferica e non si chiamava pettine, ma sfera ed era impossibile pettinarsi. I più lo utilizzavano per massaggiarsi il cranio o come mezzo di divinazione.

Poi cambiò forma: era simile a quello odierno, ma attaccato a un lungo manico. Gli venne dato il nome di rastrello ma risultò poco pratico per pettinarsi i capelli all’indietro. Venne accantonato e trovò la sua collocazione perfetta come attrezzo per pulire la spiaggia degli stabilimenti balneari di Riccione.

C’è da dire che, soprattutto all’alba dei tempi moderni, il pettine viene usato da molti perdigiorno per pettinare le bambole, scansafatiche scarsamente alfabetizzati che non sanno cosa fare della loro vita. In attesa dei social network, non sembra poi la scelta peggiore.

Oggigiorno un pettine lo si trova un po’ dovunque, nelle tasche dei pantaloni, dal barbiere, ce l’hanno i ricchi, i poveri, i borghesi e i proletari. La sonda Perseverance ne ha trovato uno persino su Marte.

In tanti secoli continua a fare quello che ha fatto, pettinare capelli, sciogliere nodi ed essere impugnato come un microfono da tutti quegli adolescenti con il sogno di diventare una rockstar o il presentatore di Miss Italia.

L’unica testa su cui è meglio non servirsene è quella di mio figlio, che al posto dei capelli ha una specie di giungla amazzonica. Ci abbiamo provato una volta, ma il pettine si è incastrato dentro e non siamo mai più riusciti a recuperarlo.

Un vero peccato, perché lo avevo comprato in saldo da Aldi per la cifra di due euro e novantanove. Con i prezzi di adesso, un affare così me lo scordo.