Inverno significa freddo. Freddo significa raffreddore. Raffreddore significa mal di gola, naso tappato, raffica di starnuti e, almeno nel mio caso, chiamata d’emergenza al medico di famiglia per sapere se perirò entro sera.
Niente su cui scriverci un trattato, però forse molti non sanno che lo starnuto non è sempre stato come lo conosciamo adesso, un atto riflesso respiratorio che, durante il periodo pandemico, era temuto più del polpettone legnoso che mia suocera puntualmente sforna il venerdì sera. Lo è diventato.
Nel tanto avanti Cristo, all’epoca degli antichi, antichissimi greci, lo starnuto era un prurito al naso che non trovava risoluzione. Un “Eee eee eee” prolungato che non poteva essere completato dal suo “tciù”. Un fastidio indescrivibile. E infatti gli antichi greci ne soffrivano tantissimo, perché uno starnuto bloccato ha il potere di ottenebrare anche le menti più illuminate.
Lo storico Pierodoto, cugino di terzo grado del più famoso Erodoto, ci racconta in Storie che nessuno vuole ascoltare di come la maieutica di Socrate non nasca dal desiderio di conoscenza, ma dal tentativo del filosofo di fare uscire quello che rimaneva occluso nella cavità nasale.
Protagora, prima di uscirsene con il suo L’uomo è misura di tutte le cose, aveva passato la maggior parte del tempo a ballare salsa e merengue, convinto che la ritmica caraibica potesse aiutarlo a compiere un atto liberatorio. Alcuni avevano invocato persino il suicidio assistito pur di potersi liberare per sempre di questo fastidio che ti rode l’anima.
Poi, tutto cambiò grazie a un uomo che, ancora adesso, è considerato un benefattore dell’umanità, insieme a chi ha inventato la cotoletta alla milanese con le patatine fritte. Sentite qui.
Pasqualino di Mileto, un guappo conosciuto per le sue poche doti cerebrali e un naturale istinto a rompere le palle al prossimo, si trova ad Atene, nella via Ermou, per vendere un paio di sandali che aveva rubato alla Nike di Samotracia.
Mentre cerca di piazzare la merce, viene colpito negli occhi da un raggio di sole. Incomincia ad avvertire uno strano fastidio intorno al naso, sul naso, probabilmente nel naso. “Maledizione”, pensa, mentre il fastidio aumenta in maniera parossistica, sapendo che una volta che il naso inizia a prudere, bisogna solo soffrire.
Ma questa volta è diverso. C’è qualcosa che si muove dentro di lui e che per qualche secondo lo costringe a imitare una coreografia del Lago dei cigni. Quando avverte che il suo corpo non può più reggere una prova del genere, e non avendo neanche una calzamaglia, Pasqualino di Mileto si lascia trasportare dal flusso.
Ne esce il primo starnuto della storia, un concentrato di potenza e frustrazione che spedisce Pasqualino a gambe all’aria. Intorno a lui è il caos: alcuni, intimoriti, trovano rifugio sotto delle bighe; altri, in preda al terrore, percorrono cento metri sotto gli undici secondi, qualificandosi per le Olimpiadi di quell’anno; molti sono quelli che si riempiono le mani di disinfettante, che non si sa mai.
Non solo quello è il primo starnuto che finisce in un libro di storia, ma è anche il primo caso di fotoptarmosi, ovvero uno starnuto causato da fonti luminose. Ci tengo a citarlo perché ne soffro pure io e sono cresciuto pensando fosse una cosa normale, invece mica tanto, però il medico mi ha detto che ne soffre una persona su quattro e visto che siamo in cinque in famiglia, sto cercando di capire se ci sia un altro disgraziato come me.
Riavutisi dallo spavento iniziale, gli ateniesi, che in fatto di tendenze erano una spanna avanti a tutti, adottano velocemente quello sfogo virale. Ben presto la città si trasforma in un’apoteosi dello starnuto, tant’è che il poeta idilliaco Diotimbro gli dedica un famoso epigramma:
Canta, o dea, di Pasqualino le gesta
Un soffio improvviso, forte come il vento
Lo starnuto, sollievo di un momento
Il naso che suona, una nazione in festa