L’ombrello

Chi ha inventato l’ombrello? Questo è il titolo con cui si è aperta la prima conferenza dedicata a quell’accessorio che, quando ti serve, non è mai a portata di mano.

Intanto il nome. Arturo Sgocciolone, titolare della cattedra di Storia della pioggia dal 1500 a oggi, è convinto che derivi da Long Brellow, un cavaliere della tavola rotonda famoso per la possenza della sua virilità.

Quando la pioggia scrosciava, Long Brellow estraeva il membro e lo utilizzava per proteggere le pulzelle soprese dal temporale. E non solo.

Il suo collega tedesco, Dieter Von Skotschiolonen, che insegna all’Università di Gottinga e ha scritto un capolavoro come Se la pioggia fosse neve, ritiene la tesi un perfetto esempio di scemenza mediterranea.

In tedesco ombrello si dice Regenschirm, che è da intendere più come protezione dalla pioggia. Il professore crede che l’ombrello sia stato inventato da un guerriero unno che, per paura di rovinarsi la permanente con tutte quelle gocce, decise di utilizzare il suo scudo per proteggere la folta chioma.

L’ipotesi ha scatenato un forte dibattito e anche delle grandissime risate, tant’è che a un certo punto è dovuto intervenire il medico di sala e ricoverare un paio di partecipanti che, a furia di sbellicarsi, avevano sviluppato importanti dolori addominali.

Gli studiosi sono ormai concordi nell’individuare l’origine in Cina, Giappone, India, Afghanistan, Siam, con la Kamchatka e la Jacuzia conquistate da Andrew Hu, un giocatore di Risiko capitato per sbaglio alla conferenza e che, per evitare di fare la figura del babbeo, ha schierato quattro carri armati in ognuna di queste regioni, suscitando applausi a scena aperta.

C’è un avanti ombrello e un dopo ombrello. Prima della sua invenzione, che avvenne tra il quindicimila avanti Cristo e il milleottocentoequalchecosa, gli uomini avevano escogitato diverse soluzioni per proteggersi dalle intemperie.

Per esempio, c’erano quelli che utilizzavano la mano per ripararsi dalla pioggia; altri preferivano trovare riparo sotto un albero, sperando di non venire centrati in pieno da un fulmine scagliato da Zeus; non pochi erano quelli che indossavano un cappellino dei New York Yankees; moltissimi avevano adottato la tecnica di Neo di Matrix e cercavano di schivare goccia per goccia. Una bella fatica.

Poi avvenne qualcosa, da qualche parte del mondo. Quasi tutti i luminari presenti al seminario, dopo essersi rimpinzati di cornetti alla crema e fette di deliziose crostate alla frutta, hanno abbracciato le idee del collega finlandese Heino Ilari Skotchiolen.

Il professore, noto per aprire bocca solo negli anni bisestili, ha illustrato le sue idee con il gioco del mimo, svelando un lato ludico dello studioso che molti avrebbero preferito non scoprire. In un modo un po’audace, Skotchiolen sostiene che l’ombrello sarebbe stato inventato da un castoro adottato da una famiglia di latifondisti russi.

Inizialmente molto piccolo, l’ombrello veniva posizionato dallo scaltro mammifero in dei bicchieri dentro cui si faceva servire del Kvas che amava sorseggiare sdraiato su un ramo.

A intuirne il potenziale fu il suo padrone, Evgeny Kirill Sgocholovskj, che notò come quel piccolo aggeggio da aperitivo fosse in grado di bloccare la strada a moscerini, vespe e orsi bruni. Lo Sgocholovskj non fece altro che produrre l’ombrellino in dimensioni più consone e distribuirlo in tutto il mondo.

Il dopo ombrello è sotto gli occhi di tutti. Gli inglesi non ci escono mai senza. I russi lo trovano perfetto per avvelenare gli avversari politici. I turisti orientali ci si riparano durante le ore del meriggio. A Broadway, con l’ombrello, ci fanno un musical con repliche per dieci anni.

La conferenza si è protratta un giorno in più del previsto e questo ha permesso ad alcuni partecipanti di riarmarsi e sferrare un duro contraccolpo ad Andrew Hu.