Zenone di Cizio, nato nel quarto secolo avanti Cristo, era un filosofo arabo o forse no di origine fenicia. Conosciuto come l’arabo fenicio per la sua capacità di rinascere dalle ceneri di un Montecristo numero 2, si era trasferito ad Atene dopo aver perso il battello che avrebbe dovuto portarlo sull’isola di Mykonos per un’estate all’insegna del divertimento.
Nel trecento avanti Cristo in punto, poche ore dopo la mezzanotte, quando i suoi concittadini stavano ancora festeggiando l’anno nuovo con mortaretti e trombette, Zenone fonda la sua accademia, la Stoà, così chiamata dalla Stoà Pecìle, il portico dell’Agorà.
In quanto straniero, non gli era permesso possedere un appartamento, un frigorifero e nemmeno la televisione via cavo. Per questo motivo gli toccava tenere lì le sue lezioni, che piovesse, splendesse il sole o ci fosse il mercatino delle pulci.
Inizialmente diede ripetizioni di matematica e latino, ma passò presto all’insegnamento della filosofia, una`materia che nell’antica Grecia andava per la maggiore. Zenone fonda così lo stoicismo, una parola che non significa niente ma che suona abbastanza bene. Morì per alcuni intorno ai settantadue anni; per altri, a novantotto; secondo i complottisti è ancora vivo anche se, a causa della veneranda età, lo si può scambiare per una mela raggrinzita.
Gli stoici dividono la conoscenza in tre discipline: la Niña, la Pinta (di birra) e la Santa Maria. I loro contemporanei non erano ancora pronti, però, per caravelle e indiani d’America, così ripiegarono su logica, fisica ed etica.
La logica non è intesa solo come insieme di regole formali del pensiero che si conformano correttamente al Lògos, ma comprende anche tutti quei costrutti con cui il pensiero viene formulato.
Gli stoici espandono l’indagine del sillogismo aristotelico fino ad arrivare alla Kamchatka, che occupano con un fante, un cannone e un cavaliere. Tramite lo studio dei connettori logici fondano le basi della logica proposizionale.
Per esempio, Se p allora q; ma p; dunque q. Inizialmente si pensò che p e q stessero per tutte quelle proposizioni che iniziano per p e per q, come Se porca puttana, allora quarantaquattro gatti in fila per tre col resto di due; ma porca puttana, dunque quarantaquattro gatti in fila per tre col resto di due.
Tuttavia, Mentone di Krizia, uno stoico francese con il pallino per la moda, sostenne che questa poteva essere considerata logica solo dopo aver essere stati colpiti in testa da un’incudine caduta dal quinto piano di un palazzo.
D’altro canto, un mondo che permette la pizza con l’ananas non può essere regolato da ferree regole logiche. Da qui i famosi paradossi. Per esempio, quello del mentitore. Il cretese Epimenide sostiene che tutti i cretesi sono bugiardi. Afferma il vero o il falso? Poco importa, quello che conta è avere un ottimo avvocato.
La fisica indaga l’oggetto del conoscere. L’Universo, così come lo conoscevano allora, con qualche stella e la bandierina statunitense piantata sul cratere lunare, nasce dal fuoco.
Non solo, ma ciclicamente viene distrutto dal fuoco e rinasce dal fuoco. Considerando la logica stoica, è chiaro che il pompiere non era una professione molto apprezzata.
Il tutto è gestito dal logos, che può essere visto come un movimento senza causa, eterno e inarrestabile. Tipo reggaeton. Una grande fatica per il logos che infatti, ogni tanto, deve ricorrere alle cure del logosteopata, l’unica figura professionale capace di rimetterlo in sesto e farlo andare avanti per qualche altro miliardo di anni.
Il logos è potenza che non conosce, ma agisce, e in questo mi assomiglia parecchio. È il pensiero attivo di Dio, che nel pensare se stesso, pensa e crea l’intero Universo. Il mio psicanalista avrebbe già un nome per questa sindrome.
Dio non solo produce forme, triangoli, quadrati, trapezi, ma rappresenta anche la materia nelle aule di tribunale. In questo modo gli stoici eliminano la dualità essere in atto/essere in potenza e la sostituiscono con dell’insalata greca, un’idea che godrà di grande successo commerciale.
L’etica è il marchio di fabbrica dello stoicismo. L’essere umano è l’unica creatura nell’Universo in cui il Logos si rispecchia perfettamente, tranne quando fa buio. O nelle giornate brumose.
Gli uomini, per adeguarsi al principio razionale della Natura, devono fare a meno delle passioni. Famoso il motto stoico Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere.
Lo stato da raggiungere per uno stoico che si ritenga tale è quello dell’apatia, stato in cui le passioni vengono dominate, soggiogate, fino a raggiungere quel grado di indifferenza che permette di condurre una vita priva di tutte quelle preoccupazioni che ammorbano l’esistenza. Come il pagamento delle tasse.
In quest’ottica, la malattia e la morte devono essere accettate, soprattutto se di qualcun altro. La saggezza, quella pratica, si raggiunge con l’atarassia, ovvero l’imperturbabilità dell’animo, tipica del giocatore di poker. Il saggio vuole quel che deve e deve quello che gli viene imposto dal Logos, che ha un carattere piuttosto dispotico.
La felicità o l’infelicità dipendono da noi, per cui o si è saggi, oppure scimuniti, e tutto quello che c’è in mezzo non ha nessuna rilevanza e può essere smaltito nel bidone dell’indifferenziata.
L’indifferenza stoica del primo periodo muta successivamente, a contatto del mondo romano, un mondo più godereccio, dominato dal motto Francia o Spagna purché se magna.
Gli stoici del periodo medio capiscono che ci sono beni che, pur non dando la felicità, sono preferibili ad altri: per esempio, la pasta al dente o una tv da settantacinque pollici.
Un esempio moderno di stoico è il mio amico Rodolfo Iginio Pezzone che, dopo aver perso la suocera all’Autogrill, è rimasto impassibile e ci ha impiegato solo quindici secondi a recuperare il solito buonumore. Evviva lo stoicismo!