Socrate

Socrate, da non confondere con il più famoso centrocampista brasiliano, è considerato uno dei filosofi più importanti nella storia della filosofia occidentale.

Nato nel quattrocentosettanta avanti Cristo ad Atene centro (Atene Atene), era figlio di Sofronisco, uno scultore che aveva cercato con l’arte di dimenticare di avere un nome ridicolo.

Di famiglia benestante, si era già fatto conoscere in tenera età per essere brutto. Non brutto come il cugino di mio cugino, che assomiglia a quei pezzi di pongo prima che gli diano una forma, ma abbastanza per urtare il senso estetico di numerosi ateniesi.

Una moglie era riuscita lo stesso a trovarsela: Santippe, conosciuta per essere l’archetipo della moglie bisbetica e rompiscatole. Per compiacerla, e assicurarle una vita di agi e priva di elucubrazioni sul niente, si dice che il filosofo avesse provato a piazzare enciclopedie e aspirapolveri porta a porta, con poco successo.

Era difficile sopportarla senza l’uso di stupefacenti. E anche con l’uso di stupefacenti. Socrate aveva dichiarato che vivere con Santippe era stato come saltare da una scogliera di trenta metri e atterrare di pancia. Sulla roccia. Più volte aveva avuto la tentazione di abbandonarla su una delle isole greche sperando che qualche turista se la portasse via insieme alle bottigliette ricordo di ouzo e ai magneti con i gattini da attaccare al frigorifero.

Il filosofo non scrisse mai niente, perché aveva una scrittura incomprensibile e i computer non erano ancora stati inventati. Aveva deciso di trasmettere la sua dottrina tramite telecinesi, ma si era dovuto ricredere quando, al bar, non era riuscito a ordinare nemmeno un caffè turco.

Perciò, noi conosciamo il suo pensiero non attraverso i suoi scritti, ma tramite quelli dei suoi allievi, tra cui spiccano lo storico Senofonte, il filosofo Platone e Kermit la rana.

Il contributo di Socrate allo sviluppo della riflessione astratta e razionale è stato fondamentale e ha permesso a molte persone di riuscire a trovare un lavoro anche senza essere in grado di montare un armadio dell’Ikea.

Alla base della sua dottrina c’è il famoso paradosso del sapere di non sapere e, nonostante ciò, continuare a pubblicare sui social network. La vera sapienza consiste nel riconoscere che la propria conoscenza è limitata. Il desiderio di allargare la propria conoscenza è quello che rende sapiente un ignorante, mentre un ignorante è colui che pensa di sapere tutto e non riesce nemmeno a rispondere alla prima domanda di Chi vuol esser milionario.

Socrate utilizzava l’arte della maieutica per aiutare i suoi discepoli e interlocutori a esprimere quello che avevano dentro ma che non riuscivano a tirare fuori, nemmeno con caffè e sigaretta.

Il filosofo divenne molto famoso, troppo per i politici del tempo, convinti che con le sue idee traviasse le giovani menti, già rese pappetta da tutti quei video su TikTok, e che volesse sostituire i vecchi dei dell’Olimpo con dei nuovi, meno brontoloni e dal profilo social più rivendibile.

Per questa ragione lo condannarono a morte. Si alzò subito un polverone media e i suoi discepoli iniziarono uno sciopero della fame per protestare contro la condanna di un uomo innocente. La protesta durò giusto l’intervallo tra pranzo e cena. Platone dichiarò che rimaneva l’idea dello sciopero, ma negarsi un buon arrosto con patate avrebbe compromesso le sue facoltà intellettuali, oltre che privarlo della partitella a calcetto del mercoledì sera.

A Socrate fu data la possibilità di scegliere come morire. Inizialmente scelse l’indigestione tramite pizza con l’ananas, ma anche i suoi più acerrimi oppositori la considerarono una opzione troppo brutale.

Il filosofo allora optò per la cicuta. “O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio” furono le sue ultime parole prima di spirare. Studiosi e interpreti si sono scervellati nel tentativo di dare un senso a questa frase. Il famoso interprete musicale di questo blog ritiene che sia connesso al testo della canzone di Zucchero, Funky gallo, come sono bello stamattina, non c’è più la mia morosa e sono più leggero di una piuma, che vede la morte come la liberazione da Santippe.

Non sappiamo se sia così ma, in chiave socratica, sappiamo almeno di non sapere e allora, come direbbe il filosofo di Zocca, va bene così