La pasta al dente

Nessuno nasce Imparato. Tranne Adolfo Imparato, che molti conoscono come autore prolifico di saggi che hanno segnato la storia dell’Italia, tipo Basta con la pasta, Carboidratato o Fusillo medioevale. In concomitanza con l’uscita della sua ultima fatica, L’acqua Bolle, in cui sostiene che il talento di Roberto Bolle sia tutto merito della pasta al dente, ho avuto la fortuna di intervistarlo.

Io (Esimio storico): Buongiorno dottor Imparato
AI (Adolfo Imparato): Buongiorno
Io: Sei per sei
AI: Trentasette
Io: Mare o montagna?
AI: Pianura
Io: Se io?
AI: Avessi
Io: Complimenti, dottor Imparato, test superato. Qualcuno sostiene che il vero nome della pasta sia Gino. Lei cosa ne pensa?AI: Trentasei. Non trentasette
Io: Ci mancherebbe. Dicevo?
AI: Parlava di Gino
Io: Lo conosce anche lei?
AI: Lei chi?
Io: Lei lei
AI: Non conosco nessuna Lei lei. È cinese? Ma siamo qui per me, eviterei di parlare di lei
Io: Guardi, Imparato, non avevo nessuna intenzione di parlare di me. Piuttosto, nel suo ultimo libro, L’acqua Bolle, racconta la storia dell’invenzione della pasta al dente
AI: Continui
Io: Sappiamo che nel periodo che va dal Trecento dopo Cristo ai primi anni Quaranta del ventesimo secolo il concetto di pasta al dente era praticamente inesistente
AI: Cosa vuole dirci l’autore?
Io: Che non basta la fede per cuocere una pasta al dente, nonostante siano ancora molti a credere che sia un dono del Signore
AI: Corretto. Potrebbe spiegarmi l’evoluzione della cottura attraverso i secoli?
Io: Scusi, Imparato, non ero io a fare le domande?
AI: Certo che sono io
Io: No, intendevo io lei
AI: Guardi, se intende Lei lei, le ho già detto che non la conosco
Io: Allora siamo in due. Parlavamo della cottura
AI: Sempre al dente. La settimana scorsa ero a Berlino per una conferenza e a pranzo mi hanno servito un piatto di penne siamesi, tutte appiccicate. Ho dovuto chiamare un chirurgo per staccarle, una a una. Insomma, almeno un po’ di decenza
Io: No, intendevo, se mi può fare un piccolo excursus storico sulla cottura della pasta
AI: Ah, ma certamente. Inizialmente, siamo intorno al Quattrocento dopo Cristo, la pasta non veniva cotta
Io: No?
AI: Parliamo di penne lisce
Io: Ma le penne lisce non piacciono a nessuno
AI: E infatti non venivano cotte, ma infilate nelle cerbottane. Proiettili così, non se ne fanno più
Io: E poi, cosa è successo?
AI: Hanno inventato i vari formati: i fusilli, le tagliatelle, gli spaghetti, le farfalle. Nell’Alto Medioevo il tempo di cottura minimo era un’ora e quarantacinque minuti
Io: Un’ora e quarantacinque?
AI: A seconda del traffico. Nell’ora di punta, anche tre ore
Io: Sarebbe meglio evitare la tangenziale
AI: Dove usciamo?
Io: Alla fiera dell’est, per due soldi, un topolino mio padre comprò. Lei cita nel suo libro questa canzone. Cosa c’entra con la cottura della pasta?
AI: Niente. Mi piace che la gente sappia che non sono solo un arido intellettuale, ma che ho anche dei sentimenti
Io: Menzionava i fusilli
AI: Al tonno affumicato. Una vera delizia. Iniziamo a tritare lo scalogno, poi ci aggiungiamo il tonno e rosoliamo qualche secondo. Versiamo polpa di pomodoro, panna e via
Io: E la pasta
AI: Al dente
Io: Appunto, parlando del dente
AI: Tolto il dente, tolto il dolore
Io: Quello della pasta, però
AI: Guardi, la mia bis nonna avevo un dente solo e delle gengive d’acciaio. Quindi, meglio averli, questi denti, ma non sono essenziali
Io: Quelli sono gli oli
AI: Mi contraddice?
Io: In che senso
AI: Sempre dritto, la prima a destra
Io: La ringrazio. Arrivederci
AI: L’intervista è finita?
Io: Veramente deve ancora iniziare. Lei è?
AI: Non so in che lingua dirglielo, ma non conosco nessuna Lei. Neznám žádnou Lei
Io: Che cos’è?
AI: Ceco
Io: Mi dispiace
AI: Si figuri, non me ne ero nemmeno accorto. Ta ta ra ta tatta
Io : Mi suona famigliare
AI : È Bach. Sa che Bach non sapeva cucinare la pasta?
Io: Mi sembra strano. Dicono che fosse un genio
AI: E invece. Mi chiedo come facesse a sfamare tutti quei figli
Io: Quali?
AI: I suoi, credo. D’altronde, dobbiamo aspettare un bel po’ di tempo prima che la gente impari davvero a cuocere una pasta al dente. Sa come facevano a capire gli immigrati italiani negli Stati Uniti se la pasta era pronta?
Io: Chiedevano?
AI: Chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Prendevano uno spaghetto
Io: Uno qualsiasi?
AI: No, ha il cappello
Io: Allora è George
AI: E lo lanciavano contro il muro. Se vi rimaneva attaccato
Io: Era pronta la pasta?
AI: No, ne lanciavano un altro. Se rimaneva attaccato
Io: Era pronta la pasta?
AI: No continuavano, fino a quando uno spaghetto non cadeva finalmente per terra
Io: E?
AI: Scolavano la pasta e si poteva iniziare a mangiare
Io: Io me la ricordo diversa
AI: Che cosa?
Io: La storia
AI: La classificazione è sempre la stessa: preistoria, età della pietra, età dei metalli, età antica, Medioevo, età moder…
Io: No, intendevo lo spaghetto sul muro
AI: Quale spaghetto?
Io: Quelllo sul muro
AI: Non vedo nessuno spaghetto
Io: È sicuro?
AI: Questo muro, sì. Sente? (Si alza e bussa sul muro)
Io: E lo spaghetto?
AI: Cacio e pepe, grazie. Al dente
Io: Da bere?
AI: No, grazie, preferisco masticarli
Io: E veniamo allora all’invenzione della pasta al dente. Chi è il colpevole?
AI: Ma, il maggiordomo, ovviamente
Io: Come?
AI: Il maggiordomo è sempre il colpevole, no?
Io: L’unico delitto, qui, è la pasta scotta
AI: Chi è stato?
Io: Il maggiordomo
AI: Dovevo aspettarmelo
Io: Mi stava raccontando dell’invenzione della pasta al dente
AI: Certamente. Un’invenzione recente
Io: Ma non recentissima
AI: Però abbastanza
Io: Quando ero piccolo, mia madre cucinava già la pasta al dente
AI: Quanto piccolo?
Io: Quaranta, quarantacinque centimetri
AI: Complimenti
Io: Sì, ma non si notava tanto. Portavo le scarpe con la suola rialzata
AI: Comunque era prima
Io: Di quanto?
AI: Di un po’
Io: Saprebbe darci una data più precisa?
AI: Due giugno
Io: L’anno?
AI: Se ve lo dico, è troppo facile
Io: Ma lo ha scritto nel suo libro
AI: Appunto, leggetelo. Lo trovate a pagina settemilatrecento
Io: Un libro piuttosto grosso
AI: Più di quanto lo era lei da piccolo
Io: Quindi l’anno?
AI: 1946
Io: Il 2 giugno?
AI: Precisamente
Io: Mi scusi, Imparato, ma quello è il giorno della proclamazione della Repubblica italiana
AI: Ottimo. Ultima domanda
Io: Ma che c’entra, scusi?
AI: Le domande le faccio io. Voglio vedere se si è preparato
Io: No, dicevo, cosa c’entra la proclamazione della Repubblica con la pasta al dente
AI: Niente, volevo solo far vedere che comunque l’Università l’ho fatta anche io
Io: Ma chi l’ha inventata?
AI: Lo trovate a pagina settemilaottocento
Io: Sono cinquecento pagine più avanti di quando ci racconta dell’anno in cui è stata inventata
AI: Precisamente
Io: Imparato, mi scusi, ma cosa ci ha messo in quelle cinquecento pagine?
AI: Una ricetta. Pasta alla carbonara
Io: Cinquecento pagine?
AI: Sì, ma scritte in grosso
Io: Un’anticipiazione?
AI: Tre etti di spaghetti, sei tuorli, un etto e mezzo di guanciale…
Io: Su chi l’ha inventata
AI: Vi dirò solo che si chiamava Gianni. Filippo. Per alcuni Roberto. Credo fosse Fiammetta
Io: Un uomo dalle mille identità
AI: Una donna
Io: Perché?
AI: Perché no?
Io: Me lo dica lei?
AI: Lei chi?
Io: Lei lei
AI: Le ho già detto che non la conosco. Lei ha la memoria corta
Io: Lei chi?
AI: Lei lei
Io: Ma non mi ha appena detto che non la conosce?
AI: Chi?
Io: Lei
AI: Lei chi?

Non ne siamo più usciti da quell’impasse, e ho dovuto farmi assistere da un paio di infermieri per allontanare Imparato. Alla fine sono dovuto andare a pagina settemilaottocento del suo L’acqua Bolle per capire chi e come avesse inventato la pasta al dente.

Il colpevole, e mi sarei risparmiato tutta questa fatica, è ancora una volta il maggiordomo. Di chi? Di lei, no?

1 commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *